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L'Artista

Saverio di Spirito

classe 1963, nasce a Varese da una famiglia numerosa e rumorosa da cui ha origine la sua convivialità e il suo potere della condivisione che diventa un tassello fondamentale della sua arte. Si avvicina al mondo artistico fin da ragazzo, dapprima all’architettura che mostra il suo eclettismo di ordine e disordine, calma e caos in perenne contrasto. L’uomo vive di sole parole, è il linguaggio universale con cui si esprime ed è per questo che Di Spirito fa dell’arte il suo verbo, la sua parola facendo si che il visivo si possa ascoltare: il suo tratto è rumoroso, caotico. Saverio sceglie di fare arte lontano dai circuiti e dalle smanie di protagonismo, lontano dalla meditazione che circonda l’opera ma immerso nella sua pura ricerca e comprensione del lato istintivo, emozionale e primordiale. E’ un artista materico e curioso ed il curioso. Sperimenta la bicromia, del bianco e il nero, luce e ombra, ciò che trapela e che rimane nascosto. Nasce così la sua serie “Sedie”, la tela si adagia per terra, bianca viene coperta di bianco, vernice e colla creano uno strato impermeabile successivamente versa il colore nero che andrà ad impregnare la tela mentre la parte bianca rimane visibile, come per un principio di sottrazione, la luce vince sul buio.

Se l’artista è colui che in tutto vede l’arte e tutto ne trasforma allora Di Spirito ne è l’esempio più lampante. Nei primi anni 90 entra nel mondo fieristico e con lui si immerge nella grafica e nella pubblicità che ingloba nella sua arte. La Fiera è una grande macchina che crea e distrugge, stampa e smaltisce in tempi brevi e qui entra in scena l’artista che, con la tecnica del Collage e Décollage, dà una seconda vita ai materiali avanzati. E’ una Leftover Art la sua, a volte a partire dallo stesso supporto pittorico, non sempre predilige la tela, infatti si trova a suo agio su lamierini, tamburati di stand fieristici, tutto può diventare la base della sua immagine. E’ dedito al reciclo e possiede quella rara capacità di riuscire a scoprire sempre nuovi modi di impiegare quel che gli altri dismettono, esemplificazione di un concetto di abbondanza che si riferisce sia agli stimoli che l’ambiente urbano ci riversa contro, sia sull’erogazione industriale di beni materiali ed al conseguente spreco. Saverio Di Spirito copre la realtà con una mano e la guarda con un solo occhio per cancellarla e sostituirla con l’immaginazione, è così che crea: incolla e strappa, cancella ed evidenzia allo stesso tempo. Utilizza una gamma sconfinata di tecniche pittoriche tra cui la pittura a mano, la fusione tra pittura e cancellazione tra gesto e rimozione, profondità e piattezza. Diventa sempre più gestuale e sintetico con l’utilizzo della vernice spray con cui caratterizza la composizione con una rete intricata di linee sottili, linee nere e rosse si rincorrono su un fondo di blocchi numerici, ripetuti e crescenti. Le linee mostranno e cancellano, distruggono e creano. Evocando associazioni che vanno dai graffiti ai dipinti ispirati a JMB e Raushenberg, le opere verniciate a spruzzo suggeriscono un nascondino in cui l’immaginario è rilevato e tacito allo stesso tempo. Le gocce che colano enfatizzano la natura materica del gesto stesso e sottolineano alcune limitazioni in termini di controllo dell’artista sulla propria opera d’arte. Il suo lavoro mette in discussione anche i paradigmi artistici consolidati, partendo dall’idea che non necessariamente le opere d’arte debbano possedere un significato, l’uso della fotografia, della stampa, della semiotica e l’elaborazione computerizzata ne creano diversi, sfaccettati e controversi. I suoi dipinti possono quindi essere definiti tanto da ciò che non sono e da ciò che trattengono quanto da ciò che sono, un’azione riduttiva per riempire la sua composizione.

classe 1963, nasce a Varese da una famiglia numerosa e rumorosa da cui ha origine la sua convivialità e il suo potere della condivisione che diventa un tassello fondamentale della sua arte. Si avvicina al mondo artistico fin da ragazzo, dapprima all’architettura che mostra il suo eclettismo di ordine e disordine, calma e caos in perenne contrasto. L’uomo vive di sole parole, è il linguaggio universale con cui si esprime ed è per questo che Di Spirito fa dell’arte il suo verbo, la sua parola facendo si che il visivo si possa ascoltare: il suo tratto è rumoroso, caotico. Saverio sceglie di fare arte lontano dai circuiti e dalle smanie di protagonismo, lontano dalla meditazione che circonda l’opera ma immerso nella sua pura ricerca e comprensione del lato istintivo, emozionale e primordiale. E’ un artista materico e curioso ed il curioso. Sperimenta la bicromia, del bianco e il nero, luce e ombra, ciò che trapela e che rimane nascosto. Nasce così la sua serie “Sedie”, la tela si adagia per terra, bianca viene coperta di bianco, vernice e colla creano uno strato impermeabile successivamente versa il colore nero che andrà ad impregnare la tela mentre la parte bianca rimane visibile, come per un principio di sottrazione, la luce vince sul buio.Se l’artista è colui che in tutto vede l’arte e tutto ne trasforma allora Di Spirito ne è l’esempio più lampante. Nei primi anni 90 entra nel mondo fieristico e con lui si immerge nella grafica e nella pubblicità che ingloba nella sua arte. La Fiera è una grande macchina che crea e distrugge, stampa e smaltisce in tempi brevi e qui entra in scena l’artista che, con la tecnica del Collage e Décollage, dà una seconda vita ai materiali avanzati. E’ una Leftover Art la sua, a volte a partire dallo stesso supporto pittorico, non sempre predilige la tela, infatti si trova a suo agio su lamierini, tamburati di stand fieristici, tutto può diventare la base della sua immagine. E’ dedito al reciclo e possiede quella rara capacità di riuscire a scoprire sempre nuovi modi di impiegare quel che gli altri dismettono, esemplificazione di un concetto di abbondanza che si riferisce sia agli stimoli che l’ambiente urbano ci riversa contro, sia sull’erogazione industriale di beni materiali ed al conseguente spreco. Saverio Di Spirito copre la realtà con una mano e la guarda con un solo occhio per cancellarla e sostituirla con l’immaginazione, è così che crea: incolla e strappa, cancella ed evidenzia allo stesso tempo. Utilizza una gamma sconfinata di tecniche pittoriche tra cui la pittura a mano, la fusione tra pittura e cancellazione tra gesto e rimozione, profondità e piattezza. Diventa sempre più gestuale e sintetico con l’utilizzo della vernice spray con cui caratterizza la composizione con una rete intricata di linee sottili, linee nere e rosse si rincorrono su un fondo di blocchi numerici, ripetuti e crescenti. Le linee mostranno e cancellano, distruggono e creano. Evocando associazioni che vanno dai graffiti ai dipinti ispirati a JMB e Raushenberg, le opere verniciate a spruzzo suggeriscono un nascondino in cui l’immaginario è rilevato e tacito allo stesso tempo. Le gocce che colano enfatizzano la natura materica del gesto stesso e sottolineano alcune limitazioni in termini di controllo dell’artista sulla propria opera d’arte. Il suo lavoro mette in discussione anche i paradigmi artistici consolidati, partendo dall’idea che non necessariamente le opere d’arte debbano possedere un significato, l’uso della fotografia, della stampa, della semiotica e l’elaborazione computerizzata ne creano diversi, sfaccettati e controversi. I suoi dipinti possono quindi essere definiti tanto da ciò che non sono e da ciò che trattengono quanto da ciò che sono, un’azione riduttiva per riempire la sua composizione.