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L'Artista

Giordano Floreancig

Giordano Floreancig nasce il 25 ottobre 1954, vive e lavora a Udine. Autodidatta, si avvicina alla pittura nel 1976: anno in cui il Friuli ha vissuto la tragica esperienza del terremoto. Ma solo nel 2000 - e per caso - si presenta al pubblico: sua figlia Valentina spedisce un quadro a sua insaputa in un concorso nazionale dove ottiene un primo premio sezione pittura. Alla premiazione l'artista dichiara: “all'asilo dipingevo meglio”. Successivamente, nello stesso anno, vince un altro primo premio a Castelfranco Veneto con questa motivazione del critico d'arte Pier Duilio Pizzolon: "Artista estremo nella forma e nella sostanza, nel colore, nella materia, nel sentimento, nell'ironia, nell'amore negato alla trascendenza ma negato altresì all'apparenza, depredato e denudato dalla normalità, immerso nell'archetipo primitivo che non ha dialogo ma solo monologo, tuttavia questa sua iconicità carica di sentimenti profondi inespressi, vibra di messaggi forti tonitruanti capaci di scuotere l'universo. La sua pittura di neri totali, senza luce e la sua opacità, sprizza incomunicabilità e silenzi cupi, contrapposti e incarnati delicatissimi e teneri".

Dopo numerosi altri premi cominciano le sue prime mostre, per lo più personali. I suoi volti dipinti a olio molto pregnanti e vigorosi, che esprimono la tragedia dell'esistenza, attraverso pennellate decise e impietose per la loro cruda verità. La realtà oggettiva diviene per lui un'apparenza, è un'energia esplosiva mista a disperazione che dà vita alle opere più inquietanti. Conosciuto per i volti dei matti (che lui considera gli “ultimi normali”) cominciano le prime mostre personali in regione, dove ottiene un enorme successo di pubblico - e di critica - e in poco tempo le istituzioni organizzano mostre importanti a Tarcento a Palazzo Frangipane, a Trieste al Palazzo della Regione, a Roma nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia, a Cividale nella chiesa di Santa Maria dei Battuti ed altre ancora. Nel suo percorso artistico Floreancig si indirizza anche verso il concettuale, realizzando installazioni e performance che comunque mantengono un forte impatto emotivo. Nel 2009 brucia 147 quadri a olio (Eutanasia 147 Art Work) inscatolando in altrettanti barattoli le ceneri che gli valse l'invito alla 54ª Biennale di Venezia di Vittorio Sgarbi dove l'artista bruciò altri 150 quadri insieme al Direttore del padiglione Italia, inscatolando sempre le ceneri. Stringe una grande amicizia con il maestro Giorgio Celiberti, confinante di studio, che apprezza e stima Floreancig come dichiara in una intervista durante una sua mostra e riportata da un giornale locale: "sono giunto alla mostra dopo un viaggio sotto la pioggia e affacciandomi all'ex convento di San Francesco, ho vissuto una sensazione nuova e affascinante piena di emozioni. Un immaginario di volti nuovi e inaspettati che mi ha dato un impatto nuovo, mai provato. Questo artista mi suscita una sensazione di profonda gratitudine all'arte, anche per come la mostra è stata strutturata e come questo spazio è stato reinventato. Penso a tutto quello che ha coinvolto Giordano con il suo fervore, dinamismo e continue invenzioni, dissacranti, piene di amore e di tutto! Mai banale. Vorrei non avere il tempo per analizzare, vorrei rimanere con la sensazione così importante che ho in questo momento nel cuore". Dal 2015 non espone più nella sua regione e cominciano le mostre in Italia e all'estero. La sua pittura espressionistica viene così descritta da Paolo Levi: “Questi contorti asfittici volti, provenienti dal disperato mondo degli incazzati di Giordano Floreancig, sono visi surreali colti con concessione cromatica e materica, ora grassa e opaca, ora magra e traslucida. Con una punta di caustica ironia baconiana, l'artista storpia i suoi ritratti, rendendoli deformi. Nei quadri sconvolgenti che l'artista presenta agli allibiti fruitori, sono presenti quei gridi sulle ingiustizie del mondo e sulle tragedie dell'esistenza, a testimonianza della demonicità del nostro tempo. L'autore di certo non vuole raffigurare visi della realtà ma gli archetipi espressivi dell'inquietante mostruosità dell'uomo, di fronte ai mali della società contemporanea, una denuncia seppur impotente, attraverso personaggi sfigurati e inebetiti a cui il pittore pone un urlo immane e strozzato, per farci capire che è inutile nascondere il brutto della vita, che invece va segnalato". Ultimamente usa una tecnica molto materica, come si può leggere nella critica di Vittorio Sgarbi presenziando una sua mostra: "I nuovi volti di Giordano Floreancig, molto materici deformano la figura dandole quella tridimensionalità che ha una forza espressiva molto forte. Il pittore dipinge un quadro con i colori che vanno dove vogliono, però delimitano il confine di un volto. E' una tecnica che nel corso del novecento in Inghilterra ha i suoi migliori interpreti con Bacon e Auerbach, cioè quegli artisti che lavorano sulla materia deformando il volto. Mentre li guardavo pensavo proprio che Floreancig si possa essere ispirato ad una corrente degli anni 80 e 90 del novecento e che ha una sua efficacia: sembrare una pittura senza forma e invece poi definire delle forme. Le sue opere hanno una loro forza e una propria carica espressiva molto originale. Il prototipo se così possiamo dire, arriva da Van Gogh. Nei suoi volti si nota la tragedia dell'esistenza. Le sue opere si trovano nei musei e in molte collezioni private, tra cui molti personaggi del mondo dello spettacolo.

Giordano Floreancig nasce il 25 ottobre 1954, vive e lavora a Udine. Autodidatta, si avvicina alla pittura nel 1976: anno in cui il Friuli ha vissuto la tragica esperienza del terremoto. Ma solo nel 2000 - e per caso - si presenta al pubblico: sua figlia Valentina spedisce un quadro a sua insaputa in un concorso nazionale dove ottiene un primo premio sezione pittura. Alla premiazione l'artista dichiara: “all'asilo dipingevo meglio”. Successivamente, nello stesso anno, vince un altro primo premio a Castelfranco Veneto con questa motivazione del critico d'arte Pier Duilio Pizzolon: "Artista estremo nella forma e nella sostanza, nel colore, nella materia, nel sentimento, nell'ironia, nell'amore negato alla trascendenza ma negato altresì all'apparenza, depredato e denudato dalla normalità, immerso nell'archetipo primitivo che non ha dialogo ma solo monologo, tuttavia questa sua iconicità carica di sentimenti profondi inespressi, vibra di messaggi forti tonitruanti capaci di scuotere l'universo. La sua pittura di neri totali, senza luce e la sua opacità, sprizza incomunicabilità e silenzi cupi, contrapposti e incarnati delicatissimi e teneri". Dopo numerosi altri premi cominciano le sue prime mostre, per lo più personali. I suoi volti dipinti a olio molto pregnanti e vigorosi, che esprimono la tragedia dell'esistenza, attraverso pennellate decise e impietose per la loro cruda verità. La realtà oggettiva diviene per lui un'apparenza, è un'energia esplosiva mista a disperazione che dà vita alle opere più inquietanti. Conosciuto per i volti dei matti (che lui considera gli “ultimi normali”) cominciano le prime mostre personali in regione, dove ottiene un enorme successo di pubblico - e di critica - e in poco tempo le istituzioni organizzano mostre importanti a Tarcento a Palazzo Frangipane, a Trieste al Palazzo della Regione, a Roma nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia, a Cividale nella chiesa di Santa Maria dei Battuti ed altre ancora. Nel suo percorso artistico Floreancig si indirizza anche verso il concettuale, realizzando installazioni e performance che comunque mantengono un forte impatto emotivo. Nel 2009 brucia 147 quadri a olio (Eutanasia 147 Art Work) inscatolando in altrettanti barattoli le ceneri che gli valse l'invito alla 54ª Biennale di Venezia di Vittorio Sgarbi dove l'artista bruciò altri 150 quadri insieme al Direttore del padiglione Italia, inscatolando sempre le ceneri. Stringe una grande amicizia con il maestro Giorgio Celiberti, confinante di studio, che apprezza e stima Floreancig come dichiara in una intervista durante una sua mostra e riportata da un giornale locale: "sono giunto alla mostra dopo un viaggio sotto la pioggia e affacciandomi all'ex convento di San Francesco, ho vissuto una sensazione nuova e affascinante piena di emozioni. Un immaginario di volti nuovi e inaspettati che mi ha dato un impatto nuovo, mai provato. Questo artista mi suscita una sensazione di profonda gratitudine all'arte, anche per come la mostra è stata strutturata e come questo spazio è stato reinventato. Penso a tutto quello che ha coinvolto Giordano con il suo fervore, dinamismo e continue invenzioni, dissacranti, piene di amore e di tutto! Mai banale. Vorrei non avere il tempo per analizzare, vorrei rimanere con la sensazione così importante che ho in questo momento nel cuore". Dal 2015 non espone più nella sua regione e cominciano le mostre in Italia e all'estero. La sua pittura espressionistica viene così descritta da Paolo Levi: “Questi contorti asfittici volti, provenienti dal disperato mondo degli incazzati di Giordano Floreancig, sono visi surreali colti con concessione cromatica e materica, ora grassa e opaca, ora magra e traslucida. Con una punta di caustica ironia baconiana, l'artista storpia i suoi ritratti, rendendoli deformi. Nei quadri sconvolgenti che l'artista presenta agli allibiti fruitori, sono presenti quei gridi sulle ingiustizie del mondo e sulle tragedie dell'esistenza, a testimonianza della demonicità del nostro tempo. L'autore di certo non vuole raffigurare visi della realtà ma gli archetipi espressivi dell'inquietante mostruosità dell'uomo, di fronte ai mali della società contemporanea, una denuncia seppur impotente, attraverso personaggi sfigurati e inebetiti a cui il pittore pone un urlo immane e strozzato, per farci capire che è inutile nascondere il brutto della vita, che invece va segnalato". Ultimamente usa una tecnica molto materica, come si può leggere nella critica di Vittorio Sgarbi presenziando una sua mostra: "I nuovi volti di Giordano Floreancig, molto materici deformano la figura dandole quella tridimensionalità che ha una forza espressiva molto forte. Il pittore dipinge un quadro con i colori che vanno dove vogliono, però delimitano il confine di un volto. E' una tecnica che nel corso del novecento in Inghilterra ha i suoi migliori interpreti con Bacon e Auerbach, cioè quegli artisti che lavorano sulla materia deformando il volto. Mentre li guardavo pensavo proprio che Floreancig si possa essere ispirato ad una corrente degli anni 80 e 90 del novecento e che ha una sua efficacia: sembrare una pittura senza forma e invece poi definire delle forme. Le sue opere hanno una loro forza e una propria carica espressiva molto originale. Il prototipo se così possiamo dire, arriva da Van Gogh. Nei suoi volti si nota la tragedia dell'esistenza. Le sue opere si trovano nei musei e in molte collezioni private, tra cui molti personaggi del mondo dello spettacolo.